IL FAZZOLETTO



Shinji stava camminando con passo affrettato. Il sole picchiava come un martello sulla sua testa, il rumore delle cicale era intensissimo. Il caldo rendeva ogni cosa più difficile, persino il portare lo zaino era una grande fatica per lui.
“Accidenti” disse prendendo istintivamente un fazzoletto dalla tasca per asciugarsi il sudore sulla fonte. Ma proprio in quel momento si bloccò e si mise a guadare il fazzoletto. Questo fazzoletto era il motivo per cui era li in quel momento. E non era suo.
Lo aveva trovato poco fa in classe, sul banco di Rei Ayanami.
Le lezioni erano terminate, Asuka si era avviata subito verso l’uscita dove la aspettava la capoclasse per fare un giro delle vetrine. Toji e Kensuke erano assenti, il primo era andato a far visita a sua sorella più piccola (di solito ci andava il pomeriggio, ma quel giorno non era possibile visitarla al solito orario, e allora Toji aveva preferito saltare un giorno di scuola piuttosto che non andare dalla sua sorellina), mentre il secondo si era recato in una base militare per assistere a delle manovre aeree.
La classe si svuotò subito, Shinji si alzò dal suo banco e stava per voltarsi verso Rei Ayanami, quella misteriosa, fredda, e insieme dolce e fragile ragazza dagli occhi rossi.
Non c’era giorno che Shinji non si voltasse a guardarla, mentre lei poneva sempre lo sguardo verso la finestra come se cercasse chissà che cosa là fuori.
“Chissà cosa cerchi Rei” pensava il ragazzo “Forse…. Cerchi l’amore?”
Lui avrebbe potuto darglielo l’amore, perché Shinji amava quella ragazza, l’amava con tutto il cuore, sin dal primo giorno in cui l’aveva vista, su quella barella, bendata, mentre quel mostro di Gendo le ordinava di andare a combattere nonostante fosse ferita, aveva sentito che tra loro due c’era un legame speciale.
E in quella stessa occasione l’aveva soccorsa, l’aveva tenuta tra le braccia, e il vederla ridotta cosi, debole, ansimante…
No. Non poteva permettere che quella ragazza andasse a combattere. Per una sconosciuta, Shinji decise di andare incontro ad un pericolo ignoto.
Allora era stato un gesto di altruismo, ma ora Shinji sarebbe stato disposto a farlo mille e più volte per lei, perché l’amava.
“Oh Rei, io ti amo. Ma non oso dirtelo perché non so come farlo. Non ho mai amato nessuno, non conosco le parole, non conosco i gesti che possono far intendere l’amore. Ogni volta che parliamo è sempre qualcosa che riguarda la Nerv. Se almeno mi dessi un segno…. Non dico certo che tu debba per forza amarmi, ma sapere che tu te ne sei resa conto, sarebbe per me di grande conforto. Cosi potrei anche smentire quegli idioti che ti chiamano bambola insensibile, incapace di comprendere i sentimenti.
Ma temo che la mia speranza sia inutile, non perché hanno ragione quegli stupidi, ma perché credo che neanche tu sappia esprimere l’amore. Però chi può biasimarti? L’unica persona con cui sembri avere un rapporto è mio padre. Un essere spregevole, che ti riempie di sorrisi allo scopo di guadagnare la tua fiducia e disporre di te come vuole. Non può certo essere lui ad insegnare l’amore”.
Shinji era immerso in questi pensieri, e quando si ridestò, si accorse con sgomento che Rei se n’era andata. Lui non se ne era accorto, Rei non lo aveva salutato, ma lo prese il timore che la ragazza non lo avesse fatto perché aveva creduto che il ragazzo la ignorasse, visto che le dava le spalle.
Mentre invece Rei era al centro di tutti i suoi pensieri.
Decise di correrle dietro, per chiarire quel possibile equivoco.
Ma quando arrivò davanti all’ingresso della scuola, Rei se n’era già andata.
“Peccato. Le parlerò domani” pensò il ragazzo. Shinji tornò in classe per prendere le sue cose. Passò vicino al banco di Ayanami e notò qualcosa: la ragazza aveva lasciato sul banco il suo fazzoletto: apposta o per caso?
“Accidenti. Il fazzoletto di Ayanami. Glielo restituirò domani” pensò e lo prese.
Nel metterlo in tasca si accorse che era bagnato.
“Strano. Perché è bagnato? Forse Ayanami si è asciugata il sudore, con questo caldo”.
Ma le parti bagnate erano troppo piccole perché fosse sudore, sembravano piuttosto… lacrime.
Lacrime? Ma perché Rei piangeva?
“Forse” pensò sgomento il ragazzo “forse Ayanami ha pianto proprio perché credeva che la stessi ignorando. Magari mi ha pure salutato ma io non l’ho sentita. L’avrò ferita. Ma perché devo sempre far soffrire chi mi sta vicino?”
Shinji comunque non si perse d’animo, non poteva aspettare fino a domani, doveva chiarire subito il possibile malinteso.
Per questo ora si stava dirigendo a casa di Rei.
Ormai era quasi arrivato, le strade erano deserte, quelle erano zone di periferia, poco frequentate.
Si diresse verso il prefabbricato dove abitava Rei, nel salire le scale pensò a cosa successe la prima volta che era venuto a casa di Rei. Quella volta l’aveva, anche se senza volerlo, vista nuda e le era anche caduto addosso.
“Dio, ho fatto la figura del guardone e del maniaco in quell’occasione” pensò Shinji ironicamente.
Si mise davanti alla porta dell’appartamento di Rei, e provò a suonare il campanello. Niente, ancora rotto, come quella volta. Shinji allora si fece coraggio e bussò. Per qualche momento non si sentì niente, finché arrivò un rumore di passi dietro la porta, che si aprì lentamente.
Il volto di Rei, con la sua solita espressione priva di emozioni, apparve davanti a Shinji. Ma se il volto non lasciava trasparire nulla, era il contrario per gli occhi. Quegli occhi rossi, per qualcuno inquietanti, Shinji invece li trovava bellissimi, la finestra attraverso la quale si poteva osservare il mare di emozioni dentro la ragazza.
Rei era rimasta sorpresa: “Ikari? Cosa è successo?”
“N-niente, ecco i-io ho trovato il tuo fazzoletto sul banco e sono venuto a ridartelo, si”.
In realtà il vero motivo non era questo, almeno in parte, ma Shinji si trovava sempre in imbarazzo di fronte a Rei, perché temeva di dire qualcosa di sbagliato.
“Oh, lo avevo dimenticato” rispose Rei “grazie per avermelo riportato. Arrivederci” e chiuse la porta dopo aver ripreso il fazzoletto.
Shinji rimase di sasso davanti alla porta: perché Ayanami era stata cosi brusca?
Avrebbe voluto chiederglielo, ma pensò che forse era arrivato in un momento poco opportuno. Comunque Ayanami sembrava stare bene, anche se quello che per gli altri significa “stare bene”, non vuol dire che sia lo stesso per lei.
Il ragazzo decise di andarsene, ma prima che potesse fare un passo, sentì uno strano rumore provenire dalla stanza di Rei, come di qualcosa che cade a terra.
La curiosità, unita alla preoccupazione per Rei, si impossessò del ragazzo, che si avvicinò alla porta per ascoltare altri rumori.
E sentì altri rumori: sembravano una specie di gemiti, molto leggeri. Qualcuno stava piangendo, e non poteva essere altri se non Rei.
Stavolta Shinji non resistette. Bussò e la chiamò anche.
“Ayanami. Cos’hai? Ti prego, rispondimi”.
Non arrivò nessuna risposta a Shinji, però gli sembrò di avvertire tra i singhiozzi che provenivano da dietro la porta, un sommesso: “Ikari”.
Shinji si fece coraggio, girò la maniglia della porta e la aprì.
Appena entrato, vide che Rei giaceva seduta sul pavimento, la testa poggiata sulle gambe, le braccia consorte, e piangeva. Stringeva il fazzoletto in una mano.
Shinji intimorito si avvicinò alla ragazza, si chinò su di lei e facendosi coraggio le chiese: “A… Ayanami, perché stai piangendo?”
Rei tra i singhiozzi rispose con un altro: “Ikari” e continuò a piangere.
Shinji non seppe resistere di fronte a quella vista, doveva fare qualcosa, anche se non sapeva che cosa.
Le mise una mano sulla spalla: “Ayanami, ti prego, dimmi cos’hai. Voglio aiutarti”.
“Ikari… non… non perdere tempo per una come me. Non merito niente”.
“Ma cosa stai dicendo?”
“Io… io non sono nulla, non ho niente, non so fare niente. La mia vita è falsa” spiegò la ragazza sempre piangendo.
“Non dire cosi Ayanami. Alzati da li e sediamoci da qualche parte. Staremo più comodi”.
Shinji aiutò la ragazza ad alzarsi e si sedettero sul letto. La ragazza posò sul letto il fazzoletto.
Poi Shinji andò a prenderle un bicchiere d’acqua in cucina, quella piccola cucina che sembrava non essere mai stata usata. E forse era cosi. D’altronde Shinji aveva visto Ayanami mangiare sempre e solo alla mensa della Nerv.
Prese un bicchiere e lo posò su un ripiano, dove qualcosa attirò immediatamente la sua attenzione: un grosso coltello da cucina. La sua presenza li non era certo strana, solo che non sembrava essere stato preso per cucinare. La lama era coperta da uno strato di polvere abbastanza spesso, il che faceva intendere che probabilmente non era mai stato usato. E poi, dov’era il cibo che doveva preparare? Non c’era nulla sul ripiano, ma eccolo li quel grosso coltello, pronto all’uso.
Shinji lo prese in mano per riporlo in un cassetto: “Tagliente com’è, Ayanami potrebbe ferirsi…”
Questo pensiero però gli fece venire in mente una cosa orribile. Un grosso e pericoloso coltello, preso non per cucinare, unito alle parole udite poco fa da Ayanami, portarono Shinji ad un agghiacciante sospetto: “A-Ayanami… v-voleva s-suici…” balbettò in silenzio.
Shinji lasciò cadere il coltello sul ripiano, un pensiero simile lo ripugnava, togliersi la vita era un gesto terribile, che il ragazzo non riusciva a credere possibile. Anche lui, nonostante crisi di sconforto e infelicità fossero ormai un’abitudine nella sua vita, non era mai arrivato a meditare il suicidio. Eppure Ayanami sembrava averlo fatto. Forse Shinji l’aveva interrotta quando ha bussato la prima volta, per questo la ragazza ci aveva messo tanto ad aprire. E se lo aveva fatto allora la sua situazione doveva essere davvero disperata. Shinji aveva già avuto l’impressione che Ayanami fosse più vuota di lui, quella volta che erano in attesa dell’inizio dell’operazione Yashima. Ma allora Shinji pensò che fosse una considerazione dovuta all’atmosfera di quella situazione. E invece…
Il ragazzo si ridestò da questi pensieri, cercò di considerare il suo un semplice sospetto, prese il bicchiere, lo riempì d’acqua e tornò da Rei.
La ragazza era rimasta sul letto e sembrava non aver mosso neanche un muscolo in quei minuti, stava immobile, con lo sguardo verso il pavimento, in silenzio.
Shinji le porse il bicchiere, Ayanami lo prese e bevve, senza parlare. Poi tenne il bicchiere vuoto in mano, aveva il bisogno di tenere qualcosa in mano per scaricare un’angoscia invisibile all’esterno.
Shinji si sedette affianco a lei: “Ayanami, adesso con calma, ti prego, dimmi cosa ti è successo”.
Le mani di Rei cominciarono a tremare, Shinji se ne accorse e mise le sue mani sopra quelle della ragazza come per riscaldarla.
Rei, con enorme sforzo perché avrebbe voluto solo piangere, parlò: “Ikari… io oggi… sono venuta a scuola, e ho cominciato ad aspettare”.
“Aspettare che cosa?”
“Che… che passasse quest’altra giornata. Le mie giornate sono sempre identiche e io attendo semplicemente che passino. Non me ne ero mai preoccupata, finché ho sentito attorno a me le voci degli altri che parlavano”.
“Sparlavano di te? Ti hanno offesa?” chiese Shinji preoccupato, che conosceva molto bene quanto potessero ferire qualcuno le chiacchiere dette alle spalle, avendolo provato di persona quando frequentava la scuola prima del suo arrivo a Neo-Tokyo 3.
“N-no, niente del genere. Loro… loro parlavano della loro vita, di quello che avevano fatto, delle loro scoperte, di ciò che volevano fare da grandi. Erano tutte cose che per gli altri sono normali, ma per me… per me sono incomprensibili. Perché? Perché non riesco a capire? Sono cose che hanno tutti tranne me. I loro discorsi li avevo già sentiti distrattamente, ma questa era la prima volta che ci riflettevo sopra. E adesso” Rei stava per rimettersi a piangere” ho capito quanto io sia diversa dagli altri, quanto io sia sbagliata. Sono vuota. Non ho niente, non sono niente. Mi sono sentita un aliena in mezzo a loro, anzi in mezzo a voi”.
Ormai Rei piangeva a dirotto, Shinji la abbracciò, la testa di Rei poggiò sul petto del ragazzo.
Shinji: “Come voi? Perché mi includi Ayanami?”
“Ikari… tu… sei importante per me, perché sei il primo che mi ha mostrato gentilezza, che non mi ha trattato come una bambola. E quando l’ho capito, credo che in me sia scattato qualcosa. Credo che sia quella cosa che gli altri chiamano amore. Non lo so. Ma tu.. tu non potrai mai amarmi, Ikari, nessuno potrebbe amare un guscio vuoto come me”.
Queste parole colpirono Shinji: “Tu non potrai mai amarmi”. Niente di più falso. Shinji amava tantissimo Rei.
“Ayanami, non dire queste cose. Io…”
“L’hai dimostrato prima. Tu… tu oggi sei venuto qui solo per riportarmi il fazzoletto. Non eri preoccupato per me. Ma è ovvio. Non è colpa tua. Io non valgo niente per tutti”.
Non c’era rimprovero o biasimo nella voce di Rei, solo un grande dolore perché credeva veramente in quello che aveva detto.
“No, no” disse Shinji con gli occhi lucidi. La ragazza non aveva capito che Shinji era andato li proprio perché preoccupato per lei. Il fazzoletto era solo un motivo esteriore. Il ragazzo si malediva per non aver detto subito il vero motivo per cui era venuto. Qualcuno avrebbe anche potuto dare la colpa a Rei, dicendo: “Ma dai. Come si fa ad essere cosi ingenui? E’ chiaro che è venuto per lei, e non per riportarle il fazzoletto”.
Ma a chi avesse detto cosi, bisognava rispondere che Rei non aveva colpa, nessuna l’aveva mai guidata, aveva l’aspetto di una ragazza, poteva pure comportarsi con grande maturità, ma dentro era come una bambina che cerca disperatamente di mettersi in piedi e di fare i primi passi, senza però avere nessuno che l’aiuti.
Shinji non poteva più accettarlo: “Ayanami, io… ti amo”.
“C-Come?” Rispose incredula la ragazza.
“Si. Ayanami, io ti amo. Il motivo per cui sono venuto qui, non era il fazzoletto, quello era solo una scusa. Io sono venuto perché preoccupato per te. Tu avevi pianto, il fazzoletto era bagnato, e ho creduto di averti ferito. Non poteva permettere una cosa simile. Il solo sospetto che tu soffra, fa soffrire anche me”.
“Ikari…” Rei aveva un tono incredulo. Sapere che a qualcuno importava cosi tanto di lei, la faceva sentire strana, il cuore le batteva forte.
“Ayanami” il ragazzo la mise faccia a faccia con lui “Ayanami, io non posso più vivere senza di te. Ti amo troppo. Sono stato uno stupido a parlare solo adesso. Ma ora te l’ho detto. Voglio stare con te. Per sempre”.
“Ma io.. io non…”
“Non sai come comportarti in questi casi? Non vuol dire niente. Imparerai. Hai, anzi, abbiamo tutta la vita per imparare.
Imparare a vivere. E lo faremo insieme. E ci saranno anche la signorina Misato, Asuka, la dottoressa Akagi con noi, non saremo mai più soli”.
Rei stava di nuovo per piangere, ma queste erano lacrime di gioia: “Ikari…”
“No. Basta chiamarmi cosi” le disse Shinji dolcemente “chiamami Shinji… Rei”.
“Shinji!” gridò Rei felicissima e abbracciandolo con quanta forza aveva.
Anche Shinji piangeva per la gioia. Prese il fazzoletto di prima per asciugare le lacrime della ragazza, e si fermò a guardarlo. Pensò: “In fondo è anche merito di questo fazzoletto. Se non lo avessi trovato, sarei venuto da Rei solo domani, e non sarei riuscito a impedirle di fare quella cosa orribile. Chissà, ma ora…”
Shinji asciugò le lacrime della ragazza, lui e Rei continuarono ad abbracciarsi, trovando forza l’uno nell’altro.
Nessuno sarebbe più stato solo.
Mai più.


FINE