AMORE&ORGOGLIO
CAPITOLO 5

Ormai era passati due giorni da quando Suzu aveva scoperto di quale natura erano i suoi sentimenti per Michael e la situazione era ancora critica. Non era riuscita a parlargli e si comportava freddamente con tutti. Non riusciva a capire perché, ma ogni volta che Michael le si avvicinava si chiudeva come un ricco e non riusciva ad impedirsi di diventare acida.
Non si poteva continuare così…presto o tardi tutti i nodi sarebbero venuti al pettine…e allora…a quel punto cosa sarebbe successo?
Immersa nei suoi pensieri, scese in cucina per prepararsi la colazione. Ma qualcuno l'aveva preceduta.
Michael era seduto a tavola con una tazza di caffè davanti. Ma invece di berla, fissava la bevanda scura con aria triste e un po' incerta.
Appena si accorse di lui, la ragazza fece per andarsene, ma Michael sollevò il capo e la chiamò.
- Suzu, aspetta! - disse.
La ragazza si fermò, dandogli le spalle.
- Che vuoi? - chiese freddamente.
- Noi due dobbiamo parlare! - disse il ragazzo con aria decisa, alzandosi e avvicinandosi.
- Io non ho nulla da dirti… - replicò lei, e fece per andarsene. Michael, spazientito, l'afferrò per un polso e la costrinse a fermarsi.
- Ma io sì, e anche se sei arrabbiata con me e non so neppure per quale motivo, potresti almeno farmi la cortesia di ascoltarmi! - insisté il ragazzo, con un tono di voce insolitamente duro che colpì Suzu come uno schiaffo.
La ragazza, ormai rassegnata, si voltò per guardarlo.
- Cosa devi dirmi…?
Michael prese fiato, e le puntò in viso i suoi grandi occhi azzurri, nei quali si poteva chiaramente leggere tutto il suo disappunto.
- Vorrei sapere cosa ti ho fatto… - disse infine, dopo alcuni secondi di silenzio.
Ma cosa diavolo voleva ancora?! Non gli bastava averla ingannata una volta? Voleva andare avanti così per quanto tempo? Suzu si impose l'autocontrollo, e decise di non dargli neanche un minimo di soddisfazione. Non doveva capire che stava male per lui, assolutamente.
- Niente, Michael. Non mi hai fatto niente. Sto solo attraversando un brutto periodo. Capita, sai? - disse, fredda come un ghiacciolo.
- Non ti credo. Mi stai trattando in una maniera che non capisco… Come se ti avessi fatto un torto. Ma Suzu, io non farei mai niente per farti soffrire… - mormorò lui, scoraggiato.
La ragazza annuì.
- Oh, sì, lo so… - disse, ma non poté nascondere la sottile nota di ironia di quelle parole, nota che a Michael non sfuggì.
- Perché dici così? Pensi che ti farei del male? Pensi che ti farei deliberatamente soffrire? Suzu, io tengo tantissimo a te, e non voglio che tu stia male… Quindi se involontariamente ho fatto qualcosa che ti ha ferita, ti prego di scusarmi… - fece il ragazzo, inghiottendo l'orgoglio. In fondo, la felicità di lei era più importante…
- Smettila, Michael. Ti ho detto che tu non c'entri - insisté lei.
Michael sospirò e la guardò in viso. Era stanca, stravolta, e continuava a barricarsi dietro quel muro di freddezza. Non riusciva a capire cosa stesse pensando… C'era un'unica cosa da fare, a quel punto. Dirle tutto. Dirle che l'amava, dirle quanto fosse importante. Anche a costo di sentirsi respinto, anche a costo di sembrarle avventato… Ma Suzu doveva capire che lui non l'avrebbe mai fatta soffrire, che un suo sorriso valeva per lui più della sua stessa vita.
- Suzu… Ascolta… All'inizio non volevo parlartene per non farti fretta, però… Vedi, per quanto riguarda quello che c'è stato tra noi… Ecco, io volevo dirti che per me… - incominciò il ragazzo, in preda a un attacco di timidezza improvvisa.
- Tra noi non c'è stato assolutamente nulla. Siamo due persone adulte, e sappiamo benissimo cosa fare dei nostri corpi, o sbaglio? Quindi non pensarci più. E sta' tranquillo, non basta un tuo bacio per sconvolgermi… - replicò lei, acida.
Michael, ferito, fece per risponderle, ma in quel momento squillò il telefono.
Nessuno si mosse, e l'apparecchio continuò a squillare. Evidentemente Meiko e Satoshi non erano in casa.
- Maledizione! - sbottò lui, dirigendosi infine verso quell'aggeggio infernale che non voleva saperne di tacere.
- Pronto! - fece, con una voce che avrebbe fatto tremare chiunque.
- Michael, sei tu? - chiese la voce di Yuu, dall'altra parte del filo.
- Sì. Cosa c'è?
- Ha appena telefonato tuo fratello da New York. Mi ha detto che tua madre non sta bene, e ha chiesto se puoi tornare a casa un po' in anticipo, vorrebbe averti accanto…
- Cosa…? Mia madre…? Ma… dov'è, come sta? - domandò il ragazzo, in preda all'angoscia.
Vedendolo in quello stato, Suzu si sentì molto in colpa per il modo in cui l'aveva trattato, e si avvicinò con l'intenzione di fargli coraggio. Ma non riuscì a dire una parola. Il pensiero di quell'affascinante e disinibita sconosciuta continuava a ronzarle in testa…
- E' in ospedale, Michael. Brian non ha voluto dirmelo, ma credo che stia molto male…
Per un istante gli mancò il respiro.
- D'accordo, Yuu… Se Brian richiama, digli che sto arrivando. Parto immediatamente…
- Va bene, Michael. Mi raccomando, sta' tranquillo.
- Sì… Grazie per aver chiamato, Yuu. A presto - e Michael riagganciò.
Rimase per un attimo immobile davanti al telefono, senza dire una parola, quasi senza respirare.
Suzu si avvicinò ancora di più, voleva abbracciarlo… Ma non ci riuscì.
Michael si voltò all'improvviso.
- Mi dispiace, devo andare… - disse soltanto, e si diresse come una furia nella sua stanza.
La ragazza lo seguì, e lo vide gettare alla rinfusa tutte le sue cose nella valigia, chiuderla febbrilmente e prendere la giacca. La superò rapidamente, ma si voltò un attimo indietro, per guardarla un'ultima volta. Non c'era tempo per spiegarle, non c'era tempo per dirle tutto quello che provava per lei. Non c'erano più speranze, ormai.
- Addio, Suzu… - mormorò, e uscì.

Addio Suzu.
La ragazza rimase completamente immobile come paralizzata.
Una sensazione d'irrealtà s'impadronì di lei. No, lui non poteva aver detto davvero quelle parole.
Lentamente fece qualche passo avanti e uscì dalla porta rimasta aperta.
Michael correva verso il cancello. Non si voltò più.
Quella strano intorpidimento che la paralizzava piano piano si dissolse lasciando il posto ad un panico fortissimo.
- Noooo! - gridò iniziando anch'essa a correre nella stessa direzione presa dal ragazzo.
Corse come mai in vita sua, il respiro affannoso, la gola stretta in una morsa…
Quando voltò l'angolo vide il ragazzo salire velocemente sull'autobus che partì immediatamente.
- Michaellllllll! - strillò con tutto il fiato che aveva in gola.
Ma l'autobus continuò la sua corsa.
Suzu restò per un bel po' di tempo a fissare l'orizzonte.
Come aveva potuto? Come aveva potuto? Come aveva potuto?
Continuava a ripeterselo in continuazione, ma non sapeva darsi una risposta.
Nel suo animo erano in lotta per la supremazia molti sentimenti…la tristezza di aver perso il ragazzo che amava, la gelosia per il comportamento di lui, la rabbia che provava per il suo comportamento infantile…
La ragazza sospirò. Sapeva benissimo che tutto quello che era successo non era esclusivamente colpa di Michael. Lei poteva ritenersi cresciuta, maturata, diversa, ma non era così…era la stessa stupida ragazzina che giocava con i sentimenti degli altri…
Perché non si era confidata con Michael quando ne aveva avuto l'occasione? Perché aveva continuato a comportarsi come una stupida? Sapeva la risposta a quelle domande!
L'orgoglio! Il suo maledetto orgoglio!
Sapeva che prima o poi l'avrebbe messa nei guai!
E ora cos'avrebbe fatto?
Nella sua mente era come se esistessero due Suzu…
Una sapeva che continuando a comportarsi in modo distaccato ed infantile non avrebbe risolto nulla, ma la seconda parte, quella padroneggiata dal suo immenso orgoglio e da un cuore ferito, non aveva intenzione di arrendersi. Non voleva…per quanto doloroso avrebbe potuto essere!
Ma era davvero questo ciò che voleva?
Davvero valeva la pena di perdere tutto per salvaguardare l'orgoglio?
- Ne vale la pena Suzu? - si chiese sconsolata.

Due mesi dopo.

- Allora…cosa ne pensa signorina Sakuma?
Suzu sorrise.
- La parte che dovrei interpretare è molto interessante. E la storia è molto realistica…due giovani innamorati divisi dal destino e dal loro carattere…ne ho già parlato con il mio manager e se i termini che mi proporrete per girare questo film sono in linea con gli impegni che avevo già accettato precedentemente, non vedo motivo di rifiutare.
Il produttore sorrise.
Suzu lo osservò con professionalità. Dopo la vacanza al mare si era rituffata nel lavoro come se quella piccola parentesi fosse solo un sogno ad occhi aperti che sarebbe presto svanito.
L'offerta che il Sig. Jackson le aveva fatto era veramente allettante. E se avesse avuto il successo che si sperava la sua carriera avrebbe avuto una svolta definitiva.

Quella sera tornò a casa stanca, ma molto soddisfatta. Erano riusciti ad accordarsi senza troppi problemi e la partenza per il set era prevista per il mese successivo.
Suzu strinse gli occhi per un attimo. Sarebbe dovuta andare a New York. Il film sarebbe stato prodotto da una casa cinematografica americana e tutto era già stato programmato.
Mentre ripensava ai vari colloqui che aveva avuto durante la giornata la ragazza aprì l'acqua della vasca e si preparò un bel bagno caldo. Prima di entrare mise dei petali di rosa nell'acqua e con un sospiro di piacere s'immerse delicatamente in quel piccolo paradiso.
Aveva raccolto i lunghi capelli in un severo chignon e la pelle si era rapidamente arrossata a causa del calore dell'acqua.
Si sentiva così vuota! Suzu non lo poteva più negare. Per quanto quel nuovo incarico fosse esaltante e interessante…non provava più quell'eccitazione del passato. Sapeva che anche se il lavoro andava bene la sua vita era un completo fallimento. Era riuscita ad allontanare l'unico ragazzo di cui si era veramente innamorata…
Michael…
Solo a ripensare a quel nome sentiva il suo cuore accelerare i battiti…
Non aveva più chiamato…nessuno aveva saputo più nulla…o meglio…forse Yuu aveva notizie, ma lei non si era mai azzardata a chiedere. E poi…a causa dei numerosissimi impegni che aveva accettato per non pensare più alla vacanza, non era più riuscita a passare qualche ora con i suoi amici.
Sospirò stancamente.
Cosa avrebbe dovuto fare? Più ci ripensava e più la sua mente si confondeva. Aveva fatto bene a trattarlo con freddezza dopo quello che aveva fatto lui? O avrebbe fatto meglio a fare finta di niente? Avrebbe dovuto confessare il suo amore e chiedere spiegazioni? Oppure doveva solo cercare di dimenticarlo?
Si porto le mani al viso e cercò di rilassarsi.
"Chissà cosa penserà ora di me? O forse sarebbe meglio chiedermi…si ricorderà ancora di me?" Il solo pensiero era una pugnalata nel cuore…
No…non l'aveva affatto dimenticato!
Non poteva negare l'evidenza…era ancora allo stesso punto di due mesi prima…i suoi sforzi non erano valsi a nulla! Non faceva altro che pensare a lui, al suo sorriso così furbo e malizioso, così ingenuo a volte. Ai suoi occhi così intensi…alle sue risate contagiose…
Dio quanto le mancava!
E tra un mese sarebbe stata a New York, tra un mese sarebbe stata a pochi chilometri da lui…
Forse non si sarebbe neanche visti in una metropoli così enorme, ma…se si fossero incontrati?
Suzu provava un panico profondo. Quel viaggio sarebbe stato massacrante…soprattutto psicologicamente…di questo ne era sicura…

Quando finalmente si decise ad andare a letto, la sua mente era ancora nella confusione più totale.
Si avvicinò al comò per spegnere la luce e l'occhio le cadde su una vecchia fotografia che era appesa assieme a molte altre della sua collezione al muro della stanza. Era una vecchia foto che avevano scattato in campeggio. C'erano tutti…tutti sorridevano verso l'obiettivo con lo sguardo sereno…c'era anche Michael…
- Michael - sussurrò teneramente la ragazza passando delicatamente il dito sul viso di lui - Che cosa devo fare?


CONTINUA...